domenica 12 gennaio 2014

" ENEA non sbarcò a Manhattan " intervista al meteorologo Guido Guidi

Il meteorologo Guido Guidi illustra le cause di questo inizio di stagione invernale intervistato dal dr. Grosso responsabile di un noto sito  Meteo e traccia una possibile linea di tendenza per la fine di gennaio e l'inizio del febbraio.


GROSSO: allora Guido, l’inverno non riesce proprio ad entrare in scena sull’Europa, quali sono le cause principali di questa latitanza?
GUIDO GUIDI: beh, l’elemento causale principale è la grande variabilità interannuale che caratterizza le stagioni. A questa aggiungerei anche una altrettanto grande variabilità spaziale, visto che c’è chi questo inizio di inverno se lo ricorderà per qualche decennio, come Canada e Stati Uniti per esempio. E le due cose sono intimamente collegate. Questa stagione è stata sin qui segnata dalla persistenza di un flusso ovest-est – che in gergo tecnico si definisce zonale – molto accentuato sul comparto Euro-Atlantico, generato da un Vortice Polare stratosferico bloccato sulla sede naturale, il Polo, sin dall’inizio della sua formazione, cioè in ottobre. Il getto polare, che scorre nella zona di contatto tra l’aria polare e quella delle medie latitudini, pur abbastanza basso di latitudine, ha soffiato con la stessa direttrice ovest est producendo numerose intense perturbazioni che hanno interessato soprattutto il nord Europa e solo marginalmente l’area del Mediterraneo, un flusso persistente che ha tra l’altro impedito il tipico raffreddamento stagionale dell’est europeo e dell’area siberiana, che hanno conosciuto una significativa anomalia positiva delle temperature. Tutto questo ha dapprima causato una discreta piovosità anche sul Mediterraneo per fine autunno, e poi ha consentito all’anticiclone atlantico di entrare sull’Europa meridionale, regalandoci una stabilità prolungata che è comunque piuttosto tipica per questo periodo dell’anno. A questa stabilità, a meno che non prevalgano venti dai quadranti settentrionali, ma questo accade solo quando l’influenza dell’alta pressione sul nostro Paese è marginale, si associano inevitabilmente temperature miti e molta nebbia. In poche parole, come molti avranno notato, tempo stabile ma non bello!

GROSSO: in realtà di stagioni come queste, cioè avare di vero freddo, se ne possono rintracciare diverse nell’ultimo trentennio. Perché allora ci si stupisce tanto e si riconduce ogni volta tutto al Global Warming antropogenico? Addirittura la Casa Bianca ha fatto sapere che la recente ondata di freddo estrema verificatasi negli States sarebbe proprio una conseguenza del riscaldamento globale in atto. Che riflessioni si possono fare in proposito?
GUIDO GUIDI: una cosa è leggere e studiare i documenti scientifici che trattano di queste cose, altra è affidarsi ai proclami di fonte politica o giornalistica. Il consulente scientifico della Casa Bianca che ha fatto questa associazione è lo stesso che negli anni ’70 riteneva fosse probabile l’inizio di una nuova era glaciale. Per carità, probabilmente ha parlato con cognizione di causa sia allora che oggi, però forse sarebbe il caso di decidersi. Scherzi a parte, gli Stati Uniti orientali sono una ‘sede naturale’ per le incursioni del vortice polare, soprattutto per la particolare conformazione orografica del territorio, con le Montagne Rocciose che schermano l’aria più temperata in arrivo dal Pacifico e accompagnano i flussi di aria fredda da nord lungo la longitudine. Tornando a quanto detto sul Vortice Polare stratosferico poco fa, è bastato che il centro d’azione più freddo si spostasse verso il Canada, evento tutt’altro che infrequente, per innescare la discesa di aria fredda sugli Stati Uniti. Circa il collegamento con il clima, o con un suo eventuale cambiamento, un paio di anni fa è uscito uno studio che identificava un rallentamento del getto polare e quindi una sua maggiore propensione a favorire situazioni come quella appena descritta. In seguito a successive analisi dei dati storici però, uscite sempre in forma di articolo scientifico, di questo rallentamento e di questa maggiore propensione non c’è proprio traccia, ergo non c’è nemmeno traccia del collegamento. Del resto la più recente letteratura scientifica è chiara, ad oggi non sono noti aumenti dell’intensità o della frequenza di occorrenza degli eventi intensi, né è possibile attribuirli al cambiamento climatico, posto inoltre che il singolo evento di ‘tempo meteorologico’ non è mai attribuibile al clima, semplicemente perché il tempo non è il clima, che faccia freddo o che faccia caldo, che sia secco oppure piovoso.
GROSSO: la sostanziale modifica della configurazione barica che si attende in Europa nei prossimi giorni, con la formazione ad esempio dell’anticiclone scandinavo, potrà avere qualche risvolto favorevole per la stagione invernale, oppure non farà altro che deviare verso il Mediterraneo il flusso sparato delle correnti atlantiche con rinnovate condizioni autunnali piovose sul nostro Paese?
GUIDO GUIDI: in effetti sembra che il meccanismo stia per incepparsi. Il Vortice Polare sta rallentando e questo ridurrà l’intensità del flusso ovest est, consentendo all’est europeo e alla Siberia di raffreddarsi. Si aprirà quindi uno scenario nuovo, presumibilmente però non prima della terza decade del mese, in cui qualche ‘soffio’ di aria fredda continentale potrà raggiungere il Mediterraneo. Va anche detto però che probabilmente un po’ di flusso da ovest, magari basso di latitudine, resterà comunque, per cui piuttosto che la scelta tra le due configurazioni proposte nella domanda, propenderei per un’alternanza tra le due. Ad oggi non credo si possano ipotizzare eventi invernali particolarmente rilevanti, almeno non prima dell’inizio di febbraio.

GROSSO: come potrebbe evolversi la situazione nel mese di febbraio?
GUIDO GUIDI: dipenderà tutto da come evolve la situazione in stratosfera. E’ probabile che l’allungamento e il rallentamento del vortice polare stratosferico evolvano in una maggiore profondità delle onde atmosferiche, per cui, da una parte per la statistica e dall’altra per la dinamica, febbraio potrebbe aprirsi con toni piuttosto invernali. Questo basti però, perché andare oltre rientrerebbe nella categoria dei presagi.
GROSSO: i nostri lettori si chiedono perché nel nord America la stagione invernale non tradisca mai e invece in Europa gli episodi di freddo estremo si contino sulle dita.
GUIDO GUIDI: a dei lettori così attenti consiglierei la lettura di un libro illuminante, Armi Acciaio e Malattie di Jared Diamond – dodici edizioni e premio pulitzer. Diamond spiega che l’America del Nord e l’Europa sono fondamentalmente diverse, la prima è disposta lungo la longitudine con la catena montuosa più importante che la isola dall’Oceano Pacifico, mentre la seconda è disposta lungo la latitudine, completamente esposta all’aria atlantica resa mite dalla Corrente del Golfo. Questo modula i rispettivi climi e, di conseguenza, ha segnato in modo indelebile la storia, da un lato dell’oceano impedendo o comunque rendendo estremamente difficili gli scambi culturali e commerciali e dall’altro favorendoli, almeno fino a quando l’uomo non ha imparato a difendersi efficacemente. La differenza, quindi, è tutta geografica, e questo appare ancora più sorprendente se si pensa che New York è più o meno alla stessa latitudine di Roma. Ma se Enea non è andato a Manhattan ci sarà pure stata una ragione!
GROSSO: dall’estate scorsa la regione artica sperimenta condizioni fredde che aiutano il pack a riformarsi ed ispessirsi almeno parzialmente. Tutto il freddo che si è accumulato ha trovato una valvola di sfogo solo sul Continente americano, oppure c’è da attendersi, specie se venisse meno l’inverno in Europa, che tale surplus gelido possa in qualche modo condizionare o turbare la nostra primavera, nel momento in cui fisiologicamente il vortice polare tenderà a collassare?
GUIDO GUIDI: in realtà quelle artiche sono sempre condizioni fredde, e non è stata la temperatura a favorire una parziale ripresa del ghiaccio marino. Il pack è sensibile alla distribuzione della massa atmosferica, e quindi alla ventilazione che può compattarlo o disperderlo nella stagione estiva, ed al trasporto di calore operato dagli oceani, specie sul versante del Pacifico. Sono queste condizioni ad essere recentemente cambiate e ad aver favorito una sia pur timida ripresa dei ghiacci artici in un contesto che ne vede il trend di lungo periodo comunque negativo. Se questa nuova condizione persisterà lo dirà solo il tempo cronologico e ne vedremo le conseguenze. Quanto al freddo ed alla nostra primavera, se quelli per oltre un mese sono presagi, andare ancora più avanti sarebbe tirare a indovinare, per cui sospendo volentieri il giudizio, anche tenendo conto del cosiddetto final warming del vortice polare, che arriverà senz’altro, ma proprio non sappiamo come. 

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